BUSSI SUL TIRINO – Settecentomila consumatori contaminati dalla discarica più grande d’Europa. Stiamo parlando dei veleni presenti nelle falde acquifere della Val Pescara. L’Istituto superiore della sanita’ (Iss) lo dice chiaramente in una relazione che non lascia spazio a dubbi. Per la prima volta, dal sequestro del sito avvenuto nel 2007, l’Iss ha messo nero su bianco, in una relazione di 70 pagine, i veleni di Bussi, dopo l’analisi scientifica di circa 25 ettari di terreno.
Le acque contaminate della discarica vengono messe in relazione con “la pericolosita’ per la salute umana”. Acqua di cui hanno usufruito cittadini e utenze sensibili come ospedali e scuole. Nel sito sono state interrate circa 250 mila tonnellate di rifiuti tossici e scarti industriali della produzione di cloro, soda, varechina, formaldeide, percolati, cloruro di vinile, tricloroetilene e cloruro di ammonio dell’ex Polo chimico Montecatini Edison. Il danno ambientale stimato e’ di circa otto miliardi e mezzo mentre per la bonifica occorreranno 600 milioni.
Per il mega inquinamento sono sotto inchiesta 19 persone, quasi tutti ex amministratori della Montedison, accusati di avvelenamento delle acque. Il processo si sta svolgendo in Corte d’Assise a Chieti e la prossima udienza si terra’ il 28 marzo. La relazione, datata gennaio 2014, e’ stata depositata proprio nel corso del processo dall’avvocatura dello Stato che difende il ministero dell’Ambiente, parte civile nel processo. Il documento, redatto da Riccardo Crebelli e Luca Lucentini, consulenti tecnici dell’avvocatura dello Stato, parte dalla definizione generale di “pericolista’ della salute”, illustra i dati di riferimento, mettendo insieme quelli dell’Arta, della forestale, di campioni prelevati dai pozzi Sant’Angelo, dalle fontane pubbliche di Torre de’ Passeri e in corso Umberto a Pescara, poi a Chieti, a Tocco, a Castiglione e a Popoli.
In un punto viene sottolineato come “La serie di azioni poste in essere nel sito industriale e nella mega discarica hanno pregiudicato tutti gli elementi fondamentali che presiedono e garantiscono la sicurezza delle acque, determinando cosi’ un pericolo reale e concreto per la salute”. La relazione, infine, punta il dito anche contro la mancata informazione: “La qualita’ e la protezione della risorsa di origine e stata indiscutibilmente compromessa” e “del significativo rischio non e’ stata data comunicazione ai consumatori che non sono stati in condizioni di conoscere la situazione ed effettuare scelte consapevoli”.
Sulla vicenda interviene il Codacons che affila le armi legali: “I risultati di questa ricerca non lasciano spazio all’immaginazione – spiega l’associazione – 700 mila cittadini abruzzesi sono stati costretti ad utilizzare acqua velenosa, con gravissimi rischi per la propria salute. La popolazione locale ha diritto ora ad essere risarcita non solo per la mancata informazione loro resa, ma anche e soprattutto per i gravissimi pericolosi corsi, considerata la tossicita’ delle sostanze contenute nell’acqua. Per tale motivo il Codacons sta studiano le azioni da intraprendere in favore dei 700 mila cittadini coinvolti dallo scandalo, allo scopo di far ottenere loro un risarcimento fino a 10mila euro a famiglia”. L’associazione, infine, rendo noto che nelle prossime ore sul sito www.codacons.it saranno pubblicate info e modulistica per fornire l’adesione all’azione risarcitoria.
“Un passo in avanti verso l’accertamento della verita’”: e’ questo il primo commento del presidente del Wwf Abruzzo Luciano Di Tizio dopo la pubblicazione di brani significativi della relazione dell’Istituto superiore di sanità. “E’ quello che il Wwf sostiene da anni: in tutti in comuni della vallata, compresi due capoluoghi di provincia, Chieti e Pescara – afferma Di Tizio – e’ stata erogata almeno dal 2004 e forse anche da prima e sino al 2007 acqua contaminata senza che nessuno si prendesse la briga di avvertire la popolazione. Mi viene da pensare che senza le nostre denunce si rischiava di proseguire nel silenzio chi sa sino a quando. Va tuttavia chiarito che i dati dello studio Iss si riferiscono a campionamenti effettuati nel 2007 e che fotografano la situazione di allora. Nel 2007, anche grazie alle nostre denunce, i pozzi Sant’Angelo, quelli contaminati, vennero chiusi. Per l’acqua potabile vennero scavati altri pozzi, tuttora in esercizio, a monte della zona inquinata. Quindi il problema e’ l’acqua che abbiamo inconsapevolmente bevuto allora, non quella che gli acquedotti ci forniscono oggi. Resta da accertare se questo abbia comportato danni per la salute della popolazione, in particolare per le fasce a rischio: chiediamo da anni una indagine epidemiologica in tutta la vallata, per ora purtroppo invano”.