
ROMA – Di fronte ai dati drammatici della disoccupazione giovanile, che mese dopo mese gettano su chi governa il peso di una crisi che non si attenua, lo sforzo del premier di giocare all’attacco questa campagna elettorale è ancora più impervio. Oramai la cifra di questa sfida è segnata, mano pesante con Grillo, mano leggera con Berlusconi. Anche perché se il Cavaliere arretrasse troppo nelle urne, il cammino delle riforme, leggi Italicum, potrebbe subire uno stop. Che farebbe comodo anche a chi dentro il Pd, leggi i bersaniani, non ha alcuna intenzione di cedere tanto facilmente al premier-segretario l’arma di una legge elettorale pronta per l’uso.
Ecco perché Renzi cerca di blindare almeno il proprio campo dalle incursioni grilline, ben sapendo che anche a sinistra non sono pochi ad avere il dente avvelenato con l’Europa, specie tra le fasce sociali che più soffrono da anni e non vedono la luce.
Ma confortato dai sondaggi riservati di vari istituti che circolano anche nel Pd secondo cui Grillo è staccato a una distanza di sicurezza, nell’arco di una decina di punti percentuali. A dispetto di altre rilevazioni emerse in questi giorni che invece lo danno in costante ascesa. E in un percorso a ostacoli di quattro settimane che richiede una gestione oculata come fosse una maratona, Renzi oggi tenta una torsione significativa nella narrazione di questa sfida.
Ricorda che l’M5S e già il primo partito in Italia perché alle politiche scavalcò il Pd di Bersani e che quindi Grillo non è l’inseguitore insidioso. Ma l’avversario già battuto ai punti e sul punto di esser sconfitto. Posizione molto più scomoda in ogni competizione, tanto più in questa: perché se, come dicono i sondaggi e come ribadisce il premier, il Pd arriverà primo, Renzi già si mette nelle condizioni per rivendicare di aver superato e battuto, magari di larga misura, quella forza che solo un anno fa aveva bruciato la vittoria trionfale del suo predecessore.