
ROMA – Il Consiglio dei Ministri non approverà, come previsto, la norma che blocca l’aumento Iva, subordinata prima a un chiarimento in Parlamento, dopo lo strappo del Pdl, schierato in difesa dell’ex premier. Sarebbe quindi quasi inevitabile – a meno che non arrivi prima di lunedì una schiarita al momento improbabile – l’aggravio che scatterà martedì e porterà l’aliquota dell’Iva dal 21 al 22%. La valutazione di sospendere il via libera al decreto in attesa del chiarimento politico in Parlamento è stata condivisa, a quanto si apprende, da tutto il Consiglio dei Ministri.
La sospensione di provvedimenti «anche rilevanti di natura fiscale e economica» è dovuta all’impossibilità «di impegnare il bilancio su operazioni che valgono miliardi di euro senza la continuità dell’azione di governo», ha spiegato il premier Enrico Letta nel motivare lo stop alla ‘manovrina’, incluso l’Iva. L’accordo per correggere il rientro nei parametri di deficit e per il rinvio dell’aumento dell’Iva, spiegano fonti di governo, c’era ma in attesa del chiarimento in Parlamento, Letta ha deciso che «è inevitabile il blocco di ogni decisione di governo su temi anche rilevanti di natura fiscale ed economica». La sospensione è dovuta «all’impossibilità di impegnare il bilancio su operazioni che valgono miliardi di euro» senza la garanzia della continuità dell’azione di governo e Parlamento.
Il provvedimento, che doveva essere approvato oggi, prevedeva lo slittamento da ottobre a gennaio dell’aumento dell’Iva dal 21% al 22%. Prima della fine dell’anno verranno «ridefinite le misure delle aliquote ridotte» dell’Iva «nonché gli elenchi da assoggettare alle medesime».
Lo stesso decreto conteneva il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga con un’ulteriore somma di 330 milioni di euro «da ripartirsi tra le regioni». Previsto anche il rifinanziamento della carta acquisti per 35 milioni di euro.