ROMA – Il Papa in visita a Barbiana: “Sono venuto qui per rendere omaggio alla memoria di un sacerdote che ha testimoniato come nel dono di sé a Cristo si incontrano i fratelli nelle loro necessità e li si serve, perché sia difesa e promossa la loro dignità di persone, con la stessa donazione di sé che Gesù ci ha mostrato, fino alla croce». Sono le parole con cui Francesco ha iniziato il suo omaggio a don Lorenzo Milani. «Pregate per me, non dimenticate, che anche io prenda l’esempio di questo bravo prete, e anche voi sacerdoti, anche anziani, perché non c’è pensione per i sacerdoti, tutti avanti, e con coraggio». Così il Papa ha concluso il suo ricordo, nello spiazzo adiacente la casa di Barbiana.
Poco dopo le 11, provenendo da Bozzolo, il Papa è atterrato con l’elicottero nello spiazzo sottostante la chiesa di Barbiana, accolto dal cardinale Giuseppe Betori e dal sindaco di Vicchio. Bergoglio si è recato subito al cimitero per pregare privatamente sulla tomba di don Milani. Quindi in auto ha raggiunto la chiesa e prima sul piazzale, quindi all’interno della chiesa, ha salutato alcuni discepoli ed ex-alunni del sacerdote fiorentino. Dopo una breve visita ai locali della canonica e della scuola. Poi, tornato sul piazzale, ha preso la parola, rallegrandosi innanzitutto per la presenza degli ex allievi del sacerdote.
«Voi siete i testimoni di come un prete abbia vissuto la sua missione, nei luoghi in cui la Chiesa lo ha chiamato, con piena fedeltà al Vangelo e proprio per questo con piena fedeltà a ciascuno di voi, che il Signore gli aveva affidato. E siete testimoni della sua passione educativa, del suo intento di risvegliare nelle persone l’umano per aprirle al divino. Di qui il suo dedicarsi completamente alla scuola, con una scelta che qui a Barbiana egli attuerà in maniera ancora più radicale».
La scuola, ha spiegato il Papa, per don Lorenzo, «non era una cosa diversa rispetto alla sua missione di prete, ma il modo concreto con cui svolgere quella missione, dandole un fondamento solido e capace di innalzare fino al cielo. E quando la decisione del vescovo lo condusse da Calenzano a qui, tra i ragazzi di Barbiana, capì subito che se il Signore aveva permesso quel distacco era per dargli dei nuovi figli da far crescere e da amare».
«Ridare ai poveri la parola – ha detto Francesco – perché senza la parola non c’è dignità e quindi neanche libertà e giustizia: questo insegna don Milani. Ed è la parola che potrà aprire la strada alla piena cittadinanza nella società, mediante il lavoro, e alla piena appartenenza alla Chiesa, con una fede consapevole. Questo vale a suo modo anche per i nostri tempi, in cui solo possedere la parola può permettere di discernere tra i tanti e spesso confusi messaggi che ci piovono addosso, e di dare espressione alle istanze profonde del proprio cuore, come pure alle attese di giustizia di tanti fratelli e sorelle che aspettano giustizia. Di quella piena umanizzazione che rivendichiamo per ogni persona su questa terra, accanto al pane, alla casa, al lavoro, alla famiglia, fa parte anche il possesso della parola come strumento di libertà e di fraternità».