L’AQUILA – Per i mancati sfratti dei morosi di Progetto Case e Map, gli alloggi costruiti nel post sisma del 2009, la Corte dei Conti ha condannato oggi, ravvisando un danno erariale, il sindaco Massimo Cialente e gli assessori Alfredo Moroni e Fabio Pelini al risarcimento di 30 mila euro ciascuno. La dirigente comunale Patrizia Del Principe dovra’ invece risarcire 60 mila euro. La Procura contabile nell’ultima udienza aveva chiesto la condanna per un danno erariale per piu’ di 11 milioni di euro.
I due assessori – Moroni nel frattempo si e’ dimesso per assumere un altro incarico in Regione – sono stati chiamati in causa in quanto detenevano la delega al Patrimonio e all’Assistenza alla popolazione. La contestazione del procuratore Roberto Leoni riguardava il presunto danno erariale che avrebbero prodotto gli imputati, a causa dei “mancati risparmi” nella riscossione del canone di compartecipazione (una sorta di affitto) e dei canoni per le utenze nelle aree del Progetto Case.
Le difese avevano sostenuto che comunque la valutazione del danno era stata fatta in maniera generica, affermando che la somma non era stata calcolata secondo parametri corretti. Inoltre era stato ribadito che la maggior parte di quella somma (o presunta tale) era stata comunque recuperata e degli undici milioni ne sarebbe rimasto uno e forse anche meno. Tutto questo in un lasso di tempo compreso tra il 2013 e lo scorso mese di novembre.
Tra i motivi della difesa anche la circostanza che quelle persone che avrebbero dovuto essere sfrattate comunque, per ovvie ragioni, mai avrebbero potuto essere messe sul lastrico dall’ente. E, dunque, il Comune avrebbe comunque speso dei soldi per trovare loro delle sistemazioni. Sulla base di questi presupposti, dunque, il presunto danno erariale non ci sarebbe comunque stato. L’udienza prima della sentenza odierna si era svolta senza la presenza del sindaco per un male di stagione, anche se in precedenza disse di non avere alcuna intenzione di difendersi personalmente in questo giudizio.
Mancava anche Moroni mentre erano presenti Pelini e la dirigente. Il sindaco aveva sempre respinto le contestazioni per ragioni umanitarie sostenendo di non poter mandare in strada gente che, nella maggior parte dei casi, era morosa in quanto senza reddito. Si tratta di persone che a causa del terremoto hanno perso casa e lavoro e in qualche caso anche qualche familiare nei crolli. Il tutto, come ebbe a raccontare il sindaco, a fronte di una moltitudine di persone che si reca ininterrottamente nel suo ufficio per chiedere lavoro o comunque per avere mezzi di sussistenza.
“Cio’ che si rileva, infatti, e’ la dimostrata, radicale incapacita’ o riluttanza del Comune dell’Aquila nella gestione delle situazioni di morosita’, cioe’ l’inerzia nel prendere provvedimenti a tutela delle finanze comunali, previa individuazione delle singole posizioni interessate dall’inadempienza e delle relative ragioni (al fine di discernere i casi di effettiva fragilita’ sociale rispetto a quelli di azzardo morale)”. E’ un passaggio delle motivazioni di condanna della Corte dei Conti dell’Abruzzo, al Comune dell’Aquila, in relazione ai mancati sfratti dei morosi ai progetti Case e Map.
La Procura regionale contabile aveva avanzato un maxi risarcimento di quasi 12 milioni di euro, ridotti a soli 150 mila euro, di cui 60 mila per la dirigente comunale, Patrizia Del Principe e 30 mila euro ciascuno per il sindaco dell’Aquila Massimo Cialente ed gli assessori comunali, Fabio Pelini ed Alfredo Morosni (quest’ultimo non piu’ assessore). “Non e’ tollerabile – proseguono i giudici contabili – in uno stato di diritto, che alcuni cittadini soltanto corrispondano quanto dovuto ad un ente pubblico, mentre altri, nelle stesse condizioni, si sottraggano a tale adempimento, in maniera eclatante, senza che l’amministrazione assuma in proposito alcuna iniziativa, non tanto e non solo a tutela delle proprie finanze, ma anche in adesione ad intuitive ed elementari aspettative di legalita’ e di imparzialita’, che necessariamente devono connotarne l’azione”.
“Se cio’ non e’ ammissibile in situazioni di ordinarieta’, meno che mai – sostengono sempre i giudici della Corte dei Conti – puo’ esserlo in un contesto segnato dall’emergenza abitativa, qual e’ quello in esame, in cui i presidi di imparzialita’ e di uguaglianza assumono ancor piu’ pregnanza, a tutela della dignita’ stessa di famiglie in condizioni di particolare vulnerabilita’. Non e’ accettabile che l’obbligo di pagamento dei canoni e delle quote, puntualmente stabilito dalla regolamentazione comunale, sia rimasto sostanzialmente rimesso, per circa due anni, alla buona volonta’ e al senso civico di coloro i quali, spontaneamente, abbiano adempiuto all’obbligo stesso, mentre rimanevano sconosciuti, quindi privi di qualsiasi conseguenza, i singoli omessi pagamenti, pur risultando nitida la percezione della morosita’ complessiva.
Il problema, a ben vedere, non puo’ essere ridotto alla semplicistica questione dell’omesso ‘sfratto’ dei morosi, vale a dire dell’allontanamento dagli alloggi di una quota di beneficiari attestantesi tra il 50% (per le quote) e l’85% (per i canoni) dei soggetti tenuti al pagamento. Lo snodo cruciale dell’intera vicenda risiede nel fatto che il Comune non avrebbe dovuto rimanere inerte per poi trovarsi nelle condizioni di dover fronteggiare, per di piu’ a distanza di tempo, una morosita’ di tali proporzioni. In estrema sintesi – proseguono i magistrati contabili – il Comune si e’ trovato nelle condizioni di dover ‘sfrattare’ per morosita’ migliaia di nuclei familiari bisognosi di alloggio, evidentemente qualcosa non ha funzionato ‘a monte’, stanti le inadempienze e inefficienze nella gestione del rapporto con i debitori assegnatari degli alloggi”.