
PESCARA – Aveva chiesto la condanna a 16 anni di carcere il pm, Valentina D’Agostino, nel corso del processo con rito abbreviato. Invece la sentenza è stata di tutt’altro tipo. Non doversi procedere per intervenuta prescrizione. E’ quanto stabilito dal gup del Tribunale di Pescara Gianluca Sarandrea a carico di Giulio Cesare Morrone, che nel 1990 avrebbe ucciso la moglie, Teresa Bottega, nel pescarese, al culmine di una delle tante liti che segnavano il loro rapporto.
La colpevolezza di Morrone, e’ emersa solo nei mesi scorsi quando un testimone indiretto del fatto si e’ rivolto alla squadra mobile di Pescara e ha raccontato di aver saputo dell’omicidio da un prete, che a sua volta era stato informato direttamente dall’uxoricida. Gli investigatori hanno riaperto il caso, che era stato archiviato come scomparsa volontaria, e nel corso di una confessione Morrone ha ammesso di essere l’assassino.
Sarebbe stato lui stesso a disfarsi del corpo della moglie in provincia di Ferrara. Quando e’ scomparsa Teresa Bottega aveva 35 anni, il marito 34. Il corpo della donna non e’ stato mai trovato. Il difensore di Morrone, l’avvocato Mirco D’Alicandro, ha detto che il giudice ha ritenuto che il reato e’ prescritto “perche’ non ha rinvenuto l’aggravante dei futili motivi cosi’ come era stata contestata dal pubblico ministero. Questo ha comportato la valutazione dei fatti in maniera differente e quindi la prescrizione del reato. Se fosse stata riconosciuta l’aggravante dei futili motivi, un’aggravante ad effetto speciale, il reato sarebbe divenuto imprescrittibile”. Morrone non ha rilasciato dichiarazioni ai cronisti si e’ solo limitato a dire “sia lodato Gesu’ Cristo” Erano presenti anche le sorelle e il fratello della vittima e la sorella di Morrone.