
L’AQUILA – Parla l’avvocato di Stato Carlo Sica. Parla quasi da padre, rivolgendosi ai parenti delle vittime, nella sua arringa difensiva dicendo che il sisma “è peggio di una malattia incurabile. Ai parenti delle vittime chiedo di non avere il cruccio di non aver potuto far niente per salvarle”. Secondo Sica, gli aquilani non potevano essere tranquillizzati dalle risultanze della riunione della Commissione Grandi Rischi (Cgr) del 31 marzo 2009 all’Aquila perché il verbale non era ancora noto nei giorni immediatamente precedenti il sisma del 6 aprile 2009 “perché redatto e sottoscritto dopo il 6 aprile, mentre gli altri presupposti erano rimasti interna corporis. “La riunione della commissione di cui parliamo – ha aggiunto – è da considerarsi giuridicamente nulla. Riunita con meno di dieci componenti, fu più una chiacchierata tra esperti che una riunione. E questo processo dovrebbe già finire qua”.
Al termine del suo intervento il legale, commosso, ha paragonato il sisma a una sua vicenda personale: “Ho un carissimo amico – ha detto – che ha perduto una figlia per un male incurabile. Scrisse un necrologio in cui chiedeva scusa per non averla salvata. Ancora oggi me lo chiede e dico che non poteva fare nulla”. Quello di oggi è stato il penultimo appuntamento del processo alla Commissione Grandi Rischi. La prossima udienza è prevista tra una settimana e sarà dedicata alle eventuali repliche prima della sentenza che sarà emessa nella stessa giornata.