MILANO – Tre anni di carcere per Silvio Berlusconi (e Valter Lavitola) per aver corrotto un senatore della Repubblica, Sergio De Gregorio. Tre anni di carcere e cinque di interdizione dai pubblici uffici. Una condanna temuta, anche se adesso, per dirla con il suo legale, Niccolò Ghedini, «Berlusconi farà ricorso in Appello per essere assolto». Processo destinato comunque alla prescrizione, che interverrà il 6 novembre anche se bisognerà ricalcolare i suoi termini esatti (un paio di mesi, insufficienti comunque per una sentenza definitiva).
Per i giudici napoletani, il leader di Forza Italia aveva pagato Sergio De Gregorio con tre milioni di euro, due in contanti e al nero – che il faccendiere Valter Lavitola consegnò in diverse tranche al leader di Italiani nel Mondo – e uno ufficialmente, attraverso un accordo tra Forza Italia e il movimento di Italiani nel Mondo.
Nella requisitoria finale, i pm Vincenzo Piscitelli e John Henry Woodcock, avevano sostenuto: «Il saldo legame ammesso dal De Gregorio e comprovato dal fondamentale ritrovamento della missiva informatica indirizzata dal Lavitola al Berlusconi costituisce espressione certa della contrarietà agli atti tipici della funzione parlamentare degli impegni di voto assunti dal De Gregorio nell’ambito del patto illecito con il Berlusconi».
Prima due fax trovati a De Gregorio, che lasciavano intravedere un passaggio anomalo di fondi (ipotesi di riciclaggio). Poi una lettera ritrovata in un computer del faccendiere Lavitola indirizzata a Silvio Berlusconi nella quale chiedeva all’allora Cavaliere cinque milioni di euro in prestito, ricordando tutti i servigi resi (un ricatto, nei fatti): «Era in debito per aver io comprato De Gregorio, tenuto fuori dalle votazioni cruciali Pallaro, fatto pervenire a Mastella la notizia della Procura di Santa Maria Capua Vetere. Ciò dopo essere stato io a convincerlo a tentare di comprare i senatori necessari a far cadere Prodi. Ciò in viaggio verso Reggio Calabria in aereo, per partecipare a una manifestazione di Sergio De Gregorio».
Dopo quel ritrovamento della lettera «confessoria», l’indagine della procura napoletana subisce un’accelerazione. E con i riscontri trovati dalla Finanza, le posizioni di Berlusconi e di Lavitola sembrano compromesse. Arriva la confessione dello stesso senatore De Gregorio che dà il colpo finale: «La considero la peggior storia di malcostume politico della vita repubblicana e io, proprio io, me ne sono fatto portatore».
Oggi lo stesso De Gregorio, che ha patteggiato una condanna per corruzione a un anno e otto mesi, commentando la sentenza che ha condannato Berlusconi e Lavitola, si rivolge a Palazzo Chigi: «Mi appello al presidente Renzi – dice l’ex senatore corrotto – perché faccia approvare il pacchetto anticorruzione che contempla una norma che impedisce la prescrizione in caso come questi».
È la prima volta nella storia repubblicana che un leader politico viene riconosciuto colpevole di essersi comprato un senatore per far cadere il governo avversario. La sentenza ha condannato anche Forza Italia, che dovrà risarcire il Senato in sede civile. L’ex presidente del Consiglio Prodi, in carica dal 2006 al 2008, sentito dai pm Piscitelli e Woodcock ammise di non aver mai avuto le prove di quel mercato dei voti. Prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio, il pm Woodcock ha ricordato che l’oggetto del processo riguardava «un banale contratto illecito, una questione di vile pecunia». Mica vero, analisi minimalista, a sentire le reazioni.