ROMA – Il governo dà il via libera all’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Il decreto approvato dal Cdm recepisce il testo della legge come approvato dalla Camera.
L’annuncio a sorpresa arriva di prima mattina via Twitter. A firmare il cinguettio è il presidente del Consiglio Enrico Letta. «Avevo promesso ad aprile abolizione finanziamento pubblico partiti entro l’anno.L’ho confermato mercoledì.Ora in cdm manteniamo la promessa», spiega il premier.
Dopo il Consiglio dei ministri arriva la conferma di Alfano: «Abbiamo appena abolito il finanziamento pubblico ai partiti. Per decreto. Impegno mantenuto». Durante la conferenza stampa Letta rivendica l’accelerazione: «Quando il governo è nato tra le priorità aveva l’abolizione del finanziamento con una riforma e un nuovo sistema basato sulla volontarietà dei cittadini e indicammo entro fine anno il termine perché la riforma ha una fase transitoria e scavallando l’anno ci sarebbe stato un rinvio». Secondo il premier le norme approvate sono «un altro passo nell’applicazione degli impegni assunti: fa parte della linea indicata dall’inizio, perché abbiamo sempre ritenuto che il superamento dell’attuale disciplina dei contributi pubblici fosse assolutamente necessaria».
Il decreto «introduce l’obbligo della certificazione esterna dei bilanci dei partiti politici», assicura il premier. «Il problema è stata l’opacità, ci sarà un meccanismo molto stringente che impedirà gli scandali degli anni scorsi». Con l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti «assegniamo tutto il potere ai cittadini». nessuna fregatura, assicura il premier. «Il cittadino che vuole dare un contributo a un partito lo può fare attraverso il 2 per mille o con contribuzione volontaria». Il sistema «non frega il cittadino» perché «l’inoptato rimare allo Stato». Fino a ieri sera nessuno prevedeva che il giro di vite sui costi della politica sarebbe arrivato oggi. L’accelerazione arriva a pochi giorni dall’elezione di Renzi alla segreteria Pd e proprio nella settimana in cui le città italiane sono state paralizzate dalla protesta dei “Forconi” al grido «tutti a casa». Quagliariello esulta: «E una è andata: abolito finanziamento pubblico dei partiti! Ora avanti con la riduzione del numero dei parlamentari #eccoifatti», twitta il ministro.
Il primo a commentare è Beppe Grillo, che si rivolge direttamente al premier: «Basta con le chiacchiere, Enrico Letta. Restituisci ora 45 milioni di rimborsi elettorali del Pd a iniziare da quelli di luglio». Passano pochi minuti e arriva la nota dei deputati del Movimento 5 Stelle: «Poche chiacchiere, restituiscano, ora, il maltolto. Non c’è bisogno di una legge per restituire i soldi ricevuti illegittimamente dai partiti. Letta e Renzi anziché partorire tweet, diano indietro i 18 milioni di euro già intascati lo scorso luglio e rinuncino a tutti i 46 milioni». Il Pd plaude invece al decreto del governo. «E’ l’effetto primarie», commenta la deputata Lorenza Bonaccorsi. Via libera anche da Ncd : «E’ una risposta alla demagogia», dichiara Barbara Saltamartini. E il ministro Lorenzin spiega: «Abbiamo rispettato un altro degli impegni assunti di fronte agli elettori. Ora avanti tutta verso il prossimo obiettivo!». Critiche invece arrivano da Forza Italia. È un decreto «contra personam», che colpisce, limitando i finanziamenti da parte dei cittadini, Silvio Berlusconi: questa la tesi del senatore Sandro Bondi.
Mercoledì parte in Senato l’iter del dl sul finanziamento pubblico, fa sapere il senatore del Pd Luciano Pizzetti, componente dell’Ufficio di Presidenza del Senato e relatore del ddl in materia. «D’intesa con la presidente Finocchiaro – spiega – mercoledì la Commissione avvierà comunque l’iter di discussione del testo trasmesso dalla Camera e fatto proprio dal governo con decreto». «Il decreto – sottolinea – accelera i tempi attuativi delle norme, nel pieno rispetto del lavoro e della funzione del Parlamento. «Condivido la scelta del Presidente Letta di procedere con decreto sulla norma di riforma del finanziamento dei partiti – sottolinea Pizzetti – dando così corso ad un preciso impegno assunto in Parlamento e approvato con ripetuti voti di fiducia. In quanto relatore sul provvedimento, avevo comunicato al presidente Letta la mia condivisione sullo strumento del decreto a due condizioni: che il decreto fosse tal quale il testo approvato dalla Camera e che l’iter partisse dal Senato».