
CHIETI – Nel decreto Indennizzi-banche la versione definitiva sembra sia ancora in limatura. Il testo avrebbe fatto diverse volte la spola tra il ministero dell’Economia, il ministero della Giustizia e palazzo Chigi, più volte ritoccato, rivisto, corretto. Per il timore che, soprattutto sui rimborsi agli obbligazionisti, il ristoro, per forza di cose non per tutti (si parla di 2000 che dovranno passare per l’arbitrato), divenga un boomerang non solo elettorale (in vista delle amministrative) ma anche giuridico, con il rischio di una valanga di ricorsi. Tant’è che quello atteso in Cdm, annunciato dallo stesso ministro Pier Carlo Padoan, e su cui i ritocchi sono ancora in corso, più che delle banche sembra essere ad ora il decreto delle incertezze.
Il primo grande pilastro su cui si incentrerà il testo sono appunto i risarcimenti ai 10.559 obbligazionisti di Banca Marche, Banca Etruria, Carife e CariChieti che hanno perso i propri risparmi nel salvataggio dei quattro istituti a novembre. I rimborsi sono attesi ormai da quattro mesi da parte delle “vittime del salva banche” che venerdì mattina, a poche ore dal Cdm, saranno nuovamente a protestare, questa volta a Pisa, in occasione della visita del premier Matteo Renzi.
Per loro il decreto dovrebbe aumentare da 100 milioni di euro a circa 250-280 milioni il fondo di solidarietà istituito con la legge di Stabilità 2016. In particolare si dovrebbero prevedere rimborsi automatici per chi ha comprato obbligazioni subordinate delle quattro banche prima dell’agosto 2013, quando ha debuttato la direttiva europea sul burden sharing. Ma anche su questa data sono in corso limature. Un rimborso automatico, comunque, che dovrebbe riguardare i due terzi dei bond holders. Forse. Si parte dal presupposto che la maggior parte dei risparmiatori ha sottoscritto obbligazioni subordinate soprattutto tra il 2005 e 2012: gli ultimi dati riferiscono di 228 milioni di obbligazioni emesse dalle 4 banche in quel periodo sulle 330 azzerate dalla procedura di risoluzione. Si tratterebbe quindi di un rimborso assicurato e automatico per 2/3 dei risparmiatori.
Si parla cioè di circa duemila obbligazionisti che dovrebbero arrivare ad arbitrato, sui 10.500 che hanno perso risparmi. Ma una delle ipotesi ancora in campo, secondo quanto si apprende da fonti di palazzo Chigi, è quella di prevedere delle soglie secche di reddito, che fonti di palazzo Chigi definiscono “abbastanza alte” oltre le quali comunque si dovrebbe passare per l’arbitrato. Una misura che, se passasse, diminuirebbe il numero di rimborsi automatici, o quantomeno interamente automatici. Rimane la previsione che debbano comunque passare per l’arbitrato Anac i risparmiatori che hanno sottoscritto le obbligazioni subordinate delle quattro banche dopo l’agosto 2013.
Ma anche questa soluzione non convince alcuni tecnici e anche esponenti della maggioranza. Il rischio, viene spiegato, è che si crei una discriminazione con gli altri possessori di obbligazioni subordinate di altre banche (esposti all’azzeramento in caso di crisi dei propri istituti) e un precedente in caso di futuri casi analoghi. Oltre che una discriminazione tra gli stessi obbligazionisti delle quattro banche, che potrebbe aprire a una potenziale valanga di ricorsi. Che poi sarebbe il motivo, viene spiegato, per cui il decreto è slittato finora, oltre che per il timore dell’effetto che rimborsi per forza di cosa parziali sulle elezioni amministrative di giugno.
Quanto alla seconda parte del decreto, conterrà, nella norme cornice del fondo Atlante, norme che potranno aiutare le banche in crisi e la dismissione dei crediti deteriorati. In primo luogo dovrebbero essere previsti incentivi fiscali per la partecipazione al fondo e l’accelerazione dei tempi di dismissione dei crediti deteriorati. Per quest’ultimo fine dovrebbe essere inserito nell’ordinamento italiano il ‘pegno non possessorio’. Ovvero la possibilità per le banche di avere una garanzia sui beni mobili dell’impresa debitrice, come i macchinari, e magari anche sulle quote di controllo delle società, da acquisire senza passare dal giudice in caso di insolvenza nella restituzione del credito.
Il provvedimento interverrà poi in materia di diritto fallimentare con procedure più rapide per i pignoramenti, la possibilità di chiedere la dichiarazione di fallimento da parte di sindaci e revisori dei conti, una competenza più ampia per i tribunali delle imprese.