
L’AQUILA – Sono stati tutti condannati a sei anni per aver dato ai residenti avvertimenti insufficienti del rischio sismico. In sostanza è questa la sentenza per i componenti della commissione Grandi rischi, in carica nel 2009, che avrebbero rassicurato gli aquilani circa l’improbabilità di una forte scossa sismica, che invece si verificò alle 3,32 del 6 aprile 2009. Per i sette esperti e scienziati l’accusa aveva inizialmente chiesto quattro anni. Gli imputati sono stati condannati per la morte di 29 persone ed il ferimento di altre quattro.
In particolare sono: Franco Barberi, presidente vicario della commissione Grandi Rischi, Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione civile, Enzo Boschi, all’epoca presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto C.a.s.e., Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova e Mauro Dolce, direttore dell’ufficio rischio sismico di Protezione civile.
Il giudice unico Marco Billi si è ritirato in Camera di consiglio alle 12,30 dopo l’ultimo intervento dell’avvocato difensore Antonio Pallotta, legale di Giulio Selvaggi. Gli imputati hanno aspettato quattro ore prima di avere il verdetto. Precisamente si contesta loro di aver dato “informazioni inesatte, incomplete e contraddittorie” sulla pericolosità delle scosse registrate nei sei mesi precedenti al 6 aprile 2009. La difesa ha puntato sulla impossibilità di prevedere i terremoti, posizione sostenuta da ricercatori internazionali.
Il pm nella sua replica, prima che il giudice Marco Billi si chiudesse in camera di consiglio, ha ricordato Guido Fioravanti, figlio di Claudio, avvocato e giudice tributario, e una delle 309 vittime del sisma del 6 aprile. Morto nella sua casa in via Campo di Fossa, dietro alla Villa Comunale. “Noi crediamo alle persone offese – ha detto il titolare dell’accusa -. Questo processo nasce perché è venuto da me Guido Fioravanti e mi ha detto: ‘mio padre e’ morto perché ha creduto allo Stato’. Questo è stato il punto di partenza”.
Per Guido Fioravanti questo “non è stato un processo alla scienza”, ma a quel che “ha detto la scienza”: che “ha mutato in noi aquilani l’approccio al terremoto”. Quella notte, Guido si era sentito con la madre verso le 23, subito dopo la prima scossa. “Mi ricordo la paura che usciva dalle sue parole. In altri tempi sarebbero scappati ma quella notte, assieme a mio padre, si sono ripetuti quello che avevano sentito dalla commissione Grandi rischi. E sono rimasti lì”.