CHIETI – Tra i dieci edifici più a rischio dello Stivale ci sarebbe anche Megalò. Il centro commerciale finisce nella top ten della paura stilata da Legambiente che nel dossier “Effetto bomba” ha raccolto tutti quei luoghi dove ogni giorno la vita delle persone è a rischio. E il Megalò, costruito a soli 150 metri dall’argine del fiume Pescara, su un’area di poco più di 40 ettari classificata dal PAI ad alta pericolosità idrogeologica, non solo non fa eccezione, ma viene anche inserito tra i casi più pericolosi e quindi da abbattere e delocalizzare al più presto.
Il rapporto definisce Megalò “un classico esempio della scarsa attenzione degli organi competenti verso i vincoli urbanistici che il rischio idrogeologico dovrebbe imporre”.
Il centro commerciale più grande d’Abruzzo è sorto nel 2005 “con il placet delle amministrazioni nell’ambito del Prusst (programma di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio), – ricorda il rapporto – non è stato neppure sottoposto a Valutazione di Impatto Ambientale, nonostante fosse noto che l’area in questione fungesse da cassa di espansione naturale del fiume e che il vincolo idrogeologico la rendesse non edificabile. Per superare ‘l’ostacolo’ del vincolo si utilizzò come escamotage per abbassare la classe di rischio dell’area (rendendola quindi edificabile), la costruzione di una arginatura alta oltre 10 metri a protezione della nuova struttura; il tutto senza che nessuno valutasse comunque l’impatto dell’opera a valle, con il rischio di favorire la piena man mano che il fiume si dirige verso Pescara”.
La storia recente ricorda che già nel 1992 la città di Pescara ebbe problemi legati all’esondazione del fiume omonimo, mentre l’area del Megalò, prima della sua edificazione, si allagò parzialmente nel 2004 e, più recentemente, nell’inverno 2013, quando il sindaco di Chieti firmò, a titolo precauzionale, un’ordinanza di sgombero immediato del Megalò.
Nel tempo, si legge ancora sul dossier Legambiente “si è tentato di edificare nella stessa area altre due potenziali strutture (Megalò 2 e Megalò 3) per un totale di ulteriori 10 edifici; con la scusa della messa in sicurezza dell’area, realizzata in maniera discutibile con la costruzione e l’innalzamento degli argini, si è cercato in realtà di fornire un alibi per continuare ad urbanizzare aree a rischio, aumentandolo di conseguenza non solo nelle aree interessate ma anche più a valle, dove si è amplificato il problema delle esondazioni nel tratto finale del fiume Pescara”.
Qual è la proposta di intervento degli specialisti? Il ripristino della naturale cassa di espansione del fiume Pescara: per farlo però, è necessario delocalizzare l’urbanizzazione presente, “per agevolare il deflusso delle acque in caso di piena, e la rinaturalizzazione di una parte del suo corso a monte per ridare – spiegano – ove possibile, lo spazio necessario per la sua evoluzione naturale che porterebbe anche ad una riduzione del rischio più a valle”.
Comunque Megalò sembra essere in buona compagnia: tra gli altri edifici in Italia dove è necessario intervenire con urgenza per mettere in sicurezza i cittadini e il territorio, Legambiente menziona il tribunale di Borgo Berga di Vicenza costruito tra due fiumi, la Casa dello Studente di Reggio Calabria edificata all’interno di una fiumara; il Centro Multisala Cinema di Zumpano (Cs), edificato su una scarpata vicino al fiume Crati, la Scuola di Aulla realizzata sul letto del fiume Magra.