ROMA – Jean Claude Juncker, dopo settimane di silenzio, decide di rispondere a Matteo Renzi e all’Italia che «ha preso a vilipendere e criticare la Commissione ogni volta che può». Per prima cosa, ammette il presidente della Commissione Ue, «non capisco perché lo faccia» e poi aggiunge di esitare «ad esprimermi con lo stesso vigore con cui lui si rivolge a me, perché questo non mette sempre a posto le cose». Giura di voler fare il muro di gomma, afferma di mettere «mio rancore e la mia irritazione, che sono grandi nella tasca», però poi precisa «non sono naif» e lo sillaba: «Non-lo-so-no».
I toni del premier nei confronti delle istituzioni europee hanno sempre avuto almeno una punta di veleno. Da qualche mese, si sono alzati. «Accetto tutte le critiche, ma occorre che siano giustificate», assicura Juncker nella prima conferenza stampa dell’anno, duro soprattutto sulla flessibilità.
Da un lato perché «l’Italia profitta di tutte le flessibilità». Dall’altro perché «sono stato sorpreso, alla fine della presidenza italiana, che Matteo Renzi abbia detto che è stato lui a introdurre la flessibilità. Non è vero, sono stato io. Io, non lui. Con il suo accordo, ma sono stato mio».
La replica non si è fatta attendere. Renzi ha incaricato Padoan di andare avanti. I due si sono consultati e, al termine dell’Ecofin, il ministro dell’Economia ha specificato che i rapporti fra Italia e Unione europea «rimangono cordiali e costruttivi» e «il governo italiano non ha nessuna volontà di offesa nei confronti di nessuno e tantomeno della Commissione europea o dei suoi membri». Sulla flessibilità ha poi aggiunto: «E’ evidente che è stata la Commissione Ue a introdurla con la comunicazione sulla flessibilità, ma ricordo che si è arrivati là con il dibattito che è stato sviluppato durante il semestre di presidenza italiana».