
PESCARA – Il mitico Vujadin Boskov, dopo una sonora sconfitta subita qualche anno fa, aveva detto:” Meglio perdere una partita 6-0 che perdere sei partite per 1-0″. Stroppa, in fin dei conti, ha pensato e ammesso la stessa cosa: “Meglio prenderne sei in un colpo solo che perdere tre partite per 2-0”. Teoricamente il ragionamento è corretto. Anzi, a conti fatti, il tecnico pescarese si è anche tenuto basso rispetto al suo illustre predecessore: meglio sole tre sconfitte che sei. La sostanza, invece, è che il Delfino ha preso sei sberle un sol colpo. Per chi in aria da amarcord ricordava bene il famoso 5-1 inflitto dal Pescara alla Signora ormai venti anni fa, adesso sarà difficile anche dimenticare il risultato tennistico di sabato sera.
Successore di quella setta che fa capo a Zdenek Zeman, Giovannino Stroppa contro la Juve ha confermato tutti i limiti di questo tipo di gioco per il suo Pescara. Che dovrebbe essere aggressivo e offensivo, ma che non si preoccupa minimamente della fase difensiva. Che lascia il portiere in balia di attaccanti e centrocampisti. Il risultato finale poteva essere ben più “rotondo”. Lo sanno bene i giocatori, così come se ne sono accorti anche i tifosi. Nel secondo tempo la squadra di Conte ha solo “giochicchiato”. Qualcuno dice che il capitano Buffon abbia addirittura “ordinato” ai suoi di non infierire ulteriormente.
Certo è che se quella di ieri fosse stata una partita a scacchi, Stroppa avrebbe finito con solo il Re sulla scacchiera, accerchiato da alfiere, torre, regina e pure pedoni. Ma non ci sentiamo di parlare di disfatta se al cospetto, restando in tema scacchi, l’avversario di turno è un certo Garri Kimovič Kasparov. Il match con la Juve, per capirci, era un po’ come Davide contro Golia. Impensabile anche solo impensierire i campioni d’Italia. E così è stato. A fine partita l’abbraccio tra Buffon e Perin dice tutto, con il porterino biancazzurro invitato da Gigi a non mollare. Come a dire: “stai tranquillo, non è colpa tua, siamo noi che siamo troppo forti”.